Strage di Erba: Azouz insiste sull’innocenza di Olindo e Rosa, è giallo sui reperti ritrovati

Il tunisino ripete come un mantra le sue convinzioni. A suo dire, i coniugi condannati all’ergastolo in via definitiva non sarebbero gli assassini della sua famiglia. Ma c’è un enigma da sciogliere: chi ha aperto il plico contenente il cellulare repertato sulla scena criminis?

Azouz Marzouk non si sposta dal perimetro delle sue convinzioni: “Olindo Romano e Rosa Bazzi sono innocenti“. Non sarebbero loro, a suo dire, i responsabili della strage di Erba in cui morirono la compagna Raffaella Castagna, il loro figlio Youssef, la suocera Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Ed è giallo sul ritrovamento di alcuni reperti che si credeva fossero stati distrutti su disposizione dell’Autorità giudiziaria.

Azouz Marzouk: ‘Rosa e Olindo innocenti’

Lo ripete come un mantra da anni, sconfessato dai tre gradi di giudizio che hanno imposto la condanna all’ergastolo a Rosa e Olindo: “Sono innocenti“, sostiene Azouz Marzouk, per il quale i coniugi Romano non avrebbero alcuna responsabilità nella strage di Erba.

Ma in tribunale si è scritta una storia che non lascia scampo ai due, che non avrebbero mai lasciato alcuna traccia sulla scena del crimine ma su cui grava come un macigno la confessione di quella mattanza senza precedenti.

Caso chiuso? Niente affatto. A cadenza più o meno regolare si torna su una serie di particolari, e su quell’11 dicembre 2006 ancora gravido di dubbi e sospetti.

Raffaella Castagna, il piccolo Youssef Marzouk, la nonna Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini morirono in quell’inferno, trucidati dalla furia dei vicini che poi hanno ammesso le proprie colpe.

A salvarsi solo uno, Mario Frigerio, marito della Cherubini che ha puntato il dito contro Olindo Romano, tracciando un binario preciso verso la colpevolezza del netturbino e della moglie. “Non riconobbe il Romano“, sostiene la difesa dei due, perché, a sommarie informazioni, la prima versione dell’unico sopravvissuto rimandava a una persona sconosciuta, dalla carnagione olivastra.

Anche Azouz Marzouk non crede a quanto cristallizzato dalla verità processuale: “Olindo e Rosa sono innocenti. Ma a me non interessa la revisione del processo, ma solo che arrestino i veri assassini della mia famiglia. Sto lavorando anche dalla Tunisia, in contatto con i loro avvocati e continuo ad aiutarli perché la giustizia possa trionfare“.

È quanto affermato dal tunisino, insieme a una serie di considerazioni avverse alla ricostruzione fatta dagli inquirenti: “Non è stata una vendetta contro di me o mia moglie, ci metterei la mano sul fuoco. Se fossi stato in casa avrebbero ucciso anche me“.

I plichi di reperti ritrovati: uno era aperto

C’è una svolta che sarebbe pronta a riscrivere parte (o forse tutto) di questa cruenta storia. Il 6 febbraio scorso, i difensori dei coniugi Romano hanno ricevuto una comunicazione dal Tribunale di Como.

Cosa riguarda? Una questione che ha assunto i contorni del grottesco e si è innestata come mistero collaterale al massacro di Erba: i reperti della scena mai analizzati.

Si tratta di elementi che, isolati nel teatro della strage, sono stati distrutti senza essere passati sotto la lente di una analisi scientifica. Ebbene, pochi giorni, fa i legali di Rosa e Olindo hanno appreso del ritrovamento di “uno scatolone contenente 5 plichi di reperti“.

Una novità dirompente, quando si pensava che tutto fosse andato perduto. C’è, però, un giallo che merita attenzione: il plico numero C.R. 4928/07, contenente un cellulare, era aperto e privo del relativo verbale (da redigere “in tutti i casi di rimozione e riapposizione di sigilli è redatto verbale“, come dispone l’articolo 82 delle Disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale).

Quel telefono è di Raffaella Castagna o di un’altra vittima? Appartiene agli assassini? Chi ha aperto il plico e perché non c’è traccia delle operazioni di verificazione, obbligatorie per legge?

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