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Categories: Attualità

Blue Whale Game è una bufala: il gioco che porta al suicidio esiste davvero?

Il Blue Whale Game ha creato una vera psicosi: solo negli ultimi giorni i motori di ricerca, Google in testa, sono stati presi d’assalto per approfondire il gioco e le sue regole e le Iene si sono spinte ad andare fino in Russia per realizzare il servizio. Ma se fosse una bufala? Se da un lato il gioco che spinge al suicidio ha creato allarmismo, dall’altro c’è chi ha verificato l’attendibilità delle fonti e soprattutto la correlazione tra game e suicidi di adolescenti.
Molti blogger e media di tutto il mondo hanno voluto vederci chiaro e approfondire la questione del gioco della morte Blue Whale. Per molti si tratterebbe di una bufala di caratura mondiale.

Blue Whale bufala: le tesi a sostegno

  • Partiamo innanzitutto dalla connessione suicidi in Russia-Blue Whale Game.
    Purtroppo nel paese sovietico il suicidio tra gli adolescenti è una piaga che esiste da anni: ogni anno si uccidono 1700 ragazzi tra i 15 e i 19 anni.
    Dopo aver condotto alcune ricerche, si evince che né sia aumentato il fenomeno, né che sia riconducibile al game. Chi ha fatto una verifica è il sito americano Snopes, specializzato nel confutare false notizie. Già a febbraio riportava che: “La dichiarazione che il gioco suicida Blue Whale, chiamato così dal modo in cui le balene spiaggiate muoiono, ha provocato un’ondata di suicidi deriva da una storia pubblicata nel maggio 2016 dal Novaya Gazeta. L’articolo parlava di dozzine di suicidi di ragazzi in Russia in un periodo di sei mesi, e che molte delle persone coinvolte facevano parte di una comunità su VK.com, un social network di San Pietroburgo, Russia”.

    In pratica il giornale russo Novaya Gazeta racconta, un anno fa, di gruppi chiusi sul social VKontakte, il Facebook russo, dove in uno di questi chiamato “Svegliati alle 4.20” circolava un gioco che avrebbe indotto i ragazzini al suicidio. Sempre nel report c’era anche il racconto dettagliato di un suicidio di una ragazza e l’intervista a sua mamma. In tutto parlava di 130 suicidi, avvenuti tra la fine 2015 e il maggio 2016. Da qui sono partite diverse segnalazioni, ma la vera correlazione tra il suicidio e questo gioco nel gruppo social non è mai stata provata. Anzi, secondo alcuni codici, l’orario 4.20 sarebbe un modo di chiamare la marjuana. A dirla tutta, non solo manca la confutazione, ma sembra che addirittura questo articolo sensazionalista, abbia contribuito alla nascita di tanti gruppi di Blue Whale su Facebook!.
    Fatto sta che nonostante mai ci siano state conferme, la notizia ha continuato a circolare e soprattutto a diffondersi: dalla Russia al Kazakistan, poi in Usa e infine in Europa.
    Insomma prove che il gioco Blue Whale con le sue regole e sfide porti gli adolescenti al suicidio non ci sono.

  • Ciò che non convince i più scettici riguardo al Blue Whale é come sia possibile un solo arresto per un gioco che porta a suicidi di massa.
    Nei giorni scorsi la polizia russa ha arrestato una persona con l’accusa di istigazione al suicidio di 16 adolescenti e per aver partecipato alla diffusione del fenomeno: il 21enne Philipp Budeikin. Georgi Apostolov, del Centro per la Sicurezza di Internet della Bulgaria, fa notare come un solo arresto riguardo un fenomeno dilagante e che durerebbe da fine 2015, sia molto improbabile. “Non credete che la Russia disponga di polizia e servizi segreti troppo efficienti per arrestare una sola persona?” si chiede. Secondo le 50 regole del gioco dell’orrore infatti esisterebbe anche una rete di curatori, quei tutor che impartiscono sfide e ordini perché capaci di influenzare i giovani più disagiati e manipolabili. E loro chi sono? Perchè non è stato arrestato nessun curatore?.
  • Nessuna correlazione tra il suicidio del 15enne a Livorno con Blue Whale. Il ragazzino di Livorno si è suicidato lanciandosi nel vuoto da un palazzo altissimo, la stessa modalità che viene impartita nelle regole del gioco. Secondo queste, la sfida finale nel 50esimo giorno prevede una provocazione mortale: trovare l’edificio più alto della città in cui si abita e saltare giù. Così gli ideatori di questa terribile moda inviterebbero i partecipanti a togliersi la vita. Il 15enne è stato considerato la prima vittima italiana del Blue Whale: gli amici del ragazzo hanno riferito che aveva abitudini strane dettate da regole imposte da un gioco online. Ebbene, secondo gli inquirenti la morte dell’adolescente “si tratta di un dramma privato, legato a motivi esclusivamente familiari” e non risultano collegamenti con il Blue Whale.

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    Cosa c’è dietro al Blue Whale: dalla teoria complottista al guadagno per traffico visualizzazioni

    Il Safer Internet Center sostiene questa tesi e scrive sul suo sito: “Si tratta di un falso sensazionalista rilanciato dai media russi nel maggio 2016 e che è stato recentemente resuscitato. La Blue Whale è basata su storie investigative giornalistiche di un gruppo speciale di lavoro nato sotto Putin che ha elaborato un piano attuato dal governo russo per prevenire l’incitamento al suicidio degli adolescenti. Così il governo russo limita, attraverso paura collettiva, l’uso dei social network”.
    Secondo questa teoria, tutto il caso mediatico sarebbe stato escogitato dal Cremlino per limitare l’uso del social VKontakte senza imporre una censura dall’alto. Una scelta che sarebbe stata impopolare, che avrebbe alimentato forti critiche e che allora ha utilizzato la giustificazione della psicosi collettiva.

    La bufala sulla Balena Blu potrebbe, secondo Snopes, invece essere stata creata a partire dai gruppi social di persone depresse e con difficoltà, per guadagnare. Il Blue Whale è diventato virale e tenendo in vita la fake news sul gioco-suicidio, è stato alimentato traffico: un argomento che come abbiamo visto ha incuriosito, ha spinto ad approfondire, a ricercare, insomma a dispensare molti click. E si sa, traffico e visualizzazioni vogliono dire soldi.

    Da dove nasce la leggenda sul gioco-morte della Balena Blu

    Quella della Balena Blu sembra essere una leggenda metropolitana, ripresa periodicamente e che è riuscita a raggiungere i media più importanti. Il game è così chiamato in riferimento al comportamento delle balene blu che a volte vanno a spiaggiarsi suicidandosi. Il gioco è una sfida-horror di 50 giorni di sfide e regole, che vanno dal procurarsi dei tagli sul corpo ad ascoltare canzoni deprimenti a guardare tutti i giorni un film dell’orrore. La sfida finale per vincere consiste nel gettarsi dal palazzo più alto della città e suicidarsi, filmando il tutto. Non bisogna mai farne parola con nessuno, pena la morte dei propri familiari.
    Sembra una storia del terrore, che è riuscita a rimbalzare da un capo all’altro del mondo. Per iniziare Blue Whale bisognerebbe frequentare forum o gruppi dedicati al suicidio o al gioco, che di solito hanno nomi che riguardano le balene, e scrivere un messaggio usando l’hashtag #f57. A quel punto si verrebbe contattati da un curatore che fornirebbe prove giornaliere e, non si sa bene come, convincerebbe la vittima di essere in possesso di informazioni personali che possono essere usate per far del male alla sua famiglia.
    Internet è piena di gruppi dedicati al suicidio, alcuni che lo esaltano, altri che cercano di dissuadere chi vuole compierli. In alcuni di questi forum si fa riferimento a Blue Whale, ma più come leggenda legata all’articolo di Novaya Gazeta che come movimento organico e organizzato. Sono molto simili a quelli che avevamo trattato noi di Pourfemme dei blog e gruppi chiusi che esaltano l’anoressia.
    E anche la figura mitizzata di Rina Palenkova come prima vittima del gioco della balena blu, sembra un fake. La teenager russa si è suicidata dopo aver postato una foto su VKontakte: sui social è cominciata a circolare la voce che la ragazza facesse parte di una setta votata all’autodistruzione e diventa presto l’eroina del Blue Whale. In realtà la vera causa della morte della ragazza non è chiara e tra l’altro, in molti video scioccanti circolati sul web, sono stati notati dei simboli strani, per qualcuno riconducibili a un marchio di lingerie.
    Al momento quindi l’unica cosa certa è che dobbiamo prestare la massima attenzione al “male” che circola sul web e vigilare sui propri figli durante le loro attività in Rete, perché spesso non hanno gli strumenti necessari per difendersi.

    Published by
    Lavinia Sarchi