L’argomento vaccini è da sempre un campo minato, con l’arrivo del Covid-19 è ancora più dibattuto. Molte persone, infatti, non vorrebbero partecipare alla campagna di immunizzazione dal virus poiché non si fidano di ciò che viene iniettato o comunque ipotizzano che non sia ancora del tutto sicuro. Quindi, al fianco delle persone impossibilitate a livello fisico, ci sono anche quelle che decidono di non volere la propria dose per una questione ideologica. Una richiesta del tutto lecita, visto che l’obbligo vaccinale non è decretato dalla legge.
La decisione di non fare il vaccino Covid potrebbe però cozzare con la sicurezza sul luogo di lavoro e potrebbe portare alcuni datori di lavoro a prendere in considerazione l’idea di interrompere il rapporto di lavoro.
Si può licenziare chi non vuole vaccinarsi dal Covid?
Esistono sostanzialmente due correnti di pensiero in merito alla possibilità di licenziare chi non vuole vaccinarsi dal Covid.
Scegliere di sottoporsi o meno un trattamento medico rientra nel diritto all’autodeterminazione, garantito non solo dalla Costituzione italiana ma anche dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE e dalla Convenzione sui Diritti Umani.
La Costituzione garantisce la libertà di scegliere se sottoporsi o meno a un trattamento medico e quindi di gestire la propria salute. Seguendo questo principio, non si può licenziare chi decide di non vaccinarsi, senza contare che il datore di lavoro non ha il diritto di chiedere la conferma dell’avvenuta vaccinazione perché si andrebbe a ledere la privacy su dati sensibili. Perciò non essendoci una legge che decreta l’obbligo di vaccinazione, non si può essere licenziati.
Però come dicevamo, c’è anche un’altra corrente di pensiero. Il giuslavorista Pietro Ichino sostiene che ovviamente non si può costringere nessuno a fare il vaccino, ma in determinati campi lavorativi potrebbe essere obbligatorio e quindi di conseguenza lecita la possibilità di licenziare chi si rifiuta. Questo perché viene posto come principio fondante della questione il benessere dei lavoratori, con l’obbligo del datore di lavoro di garantirlo. Perciò tutte quelle attività sanitarie, legate all’insegnamento o al contatto con gli altri potrebbero prevedere tale norma ma spetta comunque al giudice incaricato, in caso di contenzioso, stabilire quale fonte giuridica prendere come valida.