È recentissima la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti in materia di licenziamenti di dipendenti gay o transgender. Secondo la decisione, presa a maggioranza di 6 voti a 3, è vietato licenziare qualcuno solo ed esclusivamente perché gay o trans.
Appellandosi al titolo VII del Civil Rights Act del 1964, lo scorso 2019 il Presidente Donald Trump aveva deciso di chiedere alla Corte di legalizzare il licenziamento di dipendenti gay o transgender, sostenendo che la legge federale di riferimento proteggesse da discriminazione solo il sesso biologico della persona, e non quello acquisito. Allora Trump sperava di ottenere un risultato a lui favorevole, basandosi sul fatto che la Corte Suprema, a maggioranza conservatrice, avrebbe sostenuto il caso del licenziamento di Aimee Stephens, donna transgender licenziata dopo aver ultimato la sua transizione.
La storica sentenza della Corte Suprema, però, è dalla parte della comunità LGBTQ: essa afferma che l’Atto dei Diritti Civili del ’64 protegge da discriminazioni basate su razza, orientamento religioso, orientamento sessuale e identità di genere e pone fine a qualsiasi pretesa di ridimensionare le norme anti-discriminazione da parte dell’amministrazione Trump. La decisione è stata presa dal presidente della Corte John Roberts, dal giudice conservatore Neil Gorsuch e dai giudici di nomina democratica.