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Fiabe sugli animali per bambini: le più belle favole di Esopo

Le fiabe sugli animali, come quelle del famoso Esopo, piacciono moltissimo ai bambini, perché è da sempre un loro grande desiderio poter interagire alla pari con cani, gatti, canarini, coniglietti, cavalli e via discorrendo, ovvero gli animali con cui entrano più facilmente in contatto. Far parlare gli animali antropomorfizzandoli, quindi facendo loro assumere delle caratteristiche umane, è anche stato un trucco intelligente che molti scrittori hanno usato, fin dall’antichità, per mostrare i difetti degli esseri umani e fare loro la morale. Si tratta di un genere letterario molto antico: la favola (che a differenza della fiabe sono appunto racconti con protagonisti gli animali), di cui il primo e più grande esponente fu Esopo.

Esopo e le sue favole

Pensate che questo grandissimo favolista greco, vissuto nel VI sec. A.C, fu uno schiavo, la qual cosa non gli impedì di scrivere fiabe classiche che piacciono ancora oggi ai bambini, d’altronde i bei racconti non hanno scadenza. Le favole di Esopo hanno caratteristiche precise: sono brevi, molto lineari, e hanno per protagonisti animali i cui tratti caratteriali sono in tutto e per tutto simili alle varie tipologie psicologiche umane. Per Esopo, fine conoscitore della natura umana, è facile mostrarne le miserie, le debolezze e la furbizia attraverso scambi e dialoghi tra i suoi personaggi, tirando poi le somme alla fine della storia con una piccola chiosa chiamata “morale della favola”. Si tratta di vere e proprie perle di saggezza, facili da comprendere ad ogni età. Ecco, di seguito, alcune tra le più belle favole di Esopo, valide ancora oggi. E dato che bambini e favole vanno d’amore e d’accordo raccontatele proprio a loro… magari prima della nanna.

La cicala e le formiche

In inverno, essendosi bagnati i chicchi di grano, le formiche li esposero all’aria, una cicala invece che aveva fame chiedeva loro del cibo.
E le formiche le dissero: “Perché durante l’estate non hai raccolto del cibo?”. E quella disse: “Non sono stata in ozio, ma ho cantato armoniosamente”. E quelle mettendosi a ridere dissero: “Ebbene, se nelle giornate d’estate hai cantato, d’inverno balla”.
La favoletta mostra che non bisogna essere negligenti per non affliggersi ed essere in pericolo.

La lepre e la tartaruga

La lepre un giorno si vantava con gli altri animali: “Nessuno può battermi in velocità – diceva – Sfido chiunque a correre come me”.
La tartaruga, con la sua solita calma, disse: “Accetto la sfida”.
“Questa è buona”! esclamò la lepre, e scoppiò a ridere.
“Non vantarti prima di aver vinto – replicò la tartaruga – Vuoi fare questa gara”? Così fu stabilito un percorso e dato il via.
La lepre partì come un fulmine: quasi non si vedeva più, tanto era già lontana. Poi si fermò, e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraiò a fare un sonnellino. La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l’altro, e quando la lepre si svegliò, la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara.
La tartaruga sorridendo disse: “Non serve correre, bisogna partire in tempo.”

La volpe e l’uva

Una volpe che aveva fame, come vide su una vite dei grappoli sospesi, volle impadronirsene ma non poteva. Allontanandosi disse fra sé: “Sono acerbi”. Così anche alcuni uomini, non potendo raggiungere i propri scopi per inettitudine, accusano le circostanze.

Il corvo e la volpe

Un corvo aveva rubato un pezzo di carne ed era andato a posarsi su di un albero. Lo vide la volpe e le venne voglia di quella carne. Si fermò ai suoi piedi e cominciò ad adularlo, facendo grandi lodi del suo corpo perfetto e della sua bellezza, della lucentezza delle sue penne, dicendo che nessuno era più adatto dì lui ad essere il re degli uccelli, e che lo sarebbe diventato senz’altro, se avesse avuto la voce.
Il corvo, allora, volendo mostrare che neanche la voce gli mancava, si mise a gracchiare con tutte le sue forze, e lasciò cadere la carne.
La volpe si precipitò ad afferrarla e beffeggiò il corvo soggiungendo: ” Se, poi, caro il mio corvo, tu avessi anche il cervello, non ti mancherebbe altro, per diventare re “.

Il lupo sazio e la pecora

Quello era davvero un gran giorno per un lupo rinomato in tutto il contado per la sua insaziabile fame. Infatti, senza neppure alzare un dito egli era riuscito a procurarsi ottime prede trovate casualmente a terra perché colpite da qualche cacciatore e si era preparato un pranzo degno di re! Il lupo, dopo aver abbondantemente mangiato, si inoltrò nella foresta per fare due passi. Fu così che incontrò una mansueta pecorella la quale, terrorizzata dal temibile animale notoriamente suo nemico, non riuscì neppure a muoversi, paralizzata dallo spavento. Il lupo, più per istinto che per altre ragioni, afferrò la preda tenendola stretta, stretta. Ma solo dopo averla catturata si rese conto di essere talmente sazio da non avere più alcun appetito. Occorreva trovare una valida giustificazione per poter liberare quella pecora senza fare brutta figura. “Ho deciso”, disse quindi il lupo “di lasciarti andare a condizione che tu sappia espormi tre desideri con intelligenza. La pecorella sconcertata, dopo aver pensato un istante rispose: “Beh, anzitutto avrei voluto non averti mai incontrato. Seconda cosa, se proprio ciò doveva avvenire, avrei voluto trovarti cieco. Ma visto che nessuno di questi due desideri è stato esaudito, adesso vorrei che tu e tutta la tua razza siate maledetti e facciate una brutta fine perché mi avete reso la vita impossibile e avete mangiato centinaia di mie compagne che non vi avevano fatto alcun male!”
Inaspettatamente il lupo, invece di adirarsi come prevedibile, dichiarò:
“Apprezzo la tua sincerità. Hai avuto molto coraggio a dirmi ciò che realmente pensavi per questo ti lascerò libera!” Così dicendo liberò la pecorella e, con un cenno di saluto, la invitò ad allontanarsi. La sincerità è una dote apprezzata da persone intelligenti capaci di non offendersi davanti a dichiarazioni leali.

La volpe e la pantera

Al di là di un boschetto di frassini profumati vi era un bellissimo laghetto dalle acque limpide e cristalline davanti al quale, due giovani animali accarezzati da un lieve venticello primaverile, si stavano specchiando, rimirando ciascuno il proprio portamento fiero e il colore del pelo. Si trattava di una graziosa pantera e di una volpe ugualmente carina. “Vuoi mettere la mia figura con la tua?” Disse la pantera all’amica. “Tu sei goffa e piccola io invece sono snella, slanciata e flessuosa. Il mio portamento è tale che perfino gli uomini usano il mio nome per indicare certe donne dal fascino aggressivo!” La volpe, dopo avere ascoltato in silenzio rispose: “Io sarò forse meno bella e più piccola ma sono comunque più piacente e più simpatica. E poi il mio pelo è senza dubbio più folto e più caldo del tuo. A proposito di donne, se tu andassi in città vedresti quante signore si fanno belle indossando la mia pelliccia morbida, a volte rossa e altre volte argentata”. Sempre più altezzosa, la pantera ribatté: “In quanto al pelo, si, è vero, il mio è più corto ma è più lucido e splendente, inoltre nella mia famiglia c’è da sbizzarrirsi nella scelta dei colori. So di non peccare di vanità dicendo di essere molto più bella dite!”. Solo in quel momento la volpe si rese conto di essere stata al gioco di quella frivola compagna la quale badava solamente al proprio aspetto tisico, così concluse: “Cara amica, sicuramente tu sei ammirata da tutti per la tua bellezza esteriore. Io invece sono molto più apprezzata per la mia intelligenza e la mia furbizia. Ti assicuro che sono queste le doti più importanti e non le scambierei mai con qualità puramente estetiche!”
A quelle parole la pantera non fu in grado di ribattere e non le rimase altro che tacere di fronte all’evidenza dei fatti. L’intelligenza e la bontà sono doti interiori molto più apprezzabili della bellezza fisica.

La fortuna del cavallo

Un giorno un cavallo, ricco d’ornamenti, venne incontro a un asino che, stanco e carico com’era, tardò a dargli la via. ” Avrei una gran voglia – disse – di fracassarti a calci “. L’asino non rispose e con un gemito chiamò testimoni gli dei. Passò qualche tempo. Il cavallo durante una corsa azzoppò e fu mandato a servire in campagna. Appena l’asino lo vide tutto carico di letame: ” Ricordi – domandò – che boria e che pompa? Ah? E che n’hai avuto? Eccoti ridotto alla miseria che prima spregiavi “. I felici che disprezzano l’umile, sanno essi quale sarà il proprio domani?

L’aquila dalle ali mozze e la volpe

Una volta un’aquila fu catturata da un uomo. Questi le mozzò le ali e poi la lasciò andare, perché vivesse in mezzo al pollame di casa. L’aquila stava a capo chino e non mangiava più per il dolore: sembrava un re in catene. Poi la comperò un altro, il quale le strappò le penne mozze e con un unguento di mirra gliele fece ricrescere. Allora l’aquila prese il volo, afferrò con gli artigli una lepre e gliela portò in dono.
Ma la volpe che la vide, ammonì: “I regali non devi farli a questo, ma piuttosto al padrone di prima: questo è già buono per natura; l’altro invece è meglio che tu lo rabbonisca, perché non ti privi delle ali se ti acchiappa di nuovo”. Sta bene ricambiare generosamente i benefattori, ma bisogna anche guardarsi prudentemente dai malvagi.

Published by
Paola Perria