Il 27 gennaio è la Giornata della Memoria che è stata istituita dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dell’1 novembre 2005 proprio perché il 27 gennaio 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Una ricorrenza internazionale celebrata per commemorare le vittime dell’Olocausto con tantissimi appuntamenti, mostre, letture, concerti, memoriali ed eventi organizzati in tutto il mondo. Una giornata per non dimenticare l’orrore e l’atrocità delle leggi razziali che causarono la morte di milioni di donne, uomini e bambini innocenti. Intere generazioni segnate per sempre, tra cui centinaia di migliaia di donne ebree, diversamente abili, rom, comuniste e omosessuali vittime di questa vergognosa e terribile pagina della Storia.
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Le donne vittime delle barbarie naziste
Le donne sono state vittime dell’Olocausto e dei suoi mille tragici volti, della persecuzione, della ghettizzazione, della deportazione, della prigionia, dello sterminio, sotto vari punti di vista. Le donne, ebree, ma anche rom, comuniste e disabili sono state deportate e perseguitate, torturate e uccise, ma sono state anche figlie, mogli e madri, che hanno visto morire i propri cari, che hanno visto strapparsi dalle braccia affetti e certezze, serenità e sicurezze. Le donne sono state vittime, troppo spesso, delle derive più brutali della persecuzione nazista. Deportate in campi di concentramento ad hoc, come Ravensbruck, creato su misura per loro nel 1939 e tristemente noto come “l’inferno delle donne”, o nei settori femminili di altri terribili lager, come Bergen-Belsen, ma non solo. Le neo mamme, così come le donne incinte, dopo essere dichiarate “inabili al lavoro”, quindi atrocemente inutili al regime, venivano portate direttamente nei campi di sterminio. Le altre erano messe ai lavori forzati o, ancora peggio, utilizzate come cavie da laboratorio, vittime di esperimenti e sperimentazioni disumane, per trovare nuovi metodi di sterilizzazione o testare nuove cure per le infezioni dei soldati al fronte. Donne che, come se non bastasse, venivano picchiate e violentate. Ebree, ma non solo: tra i bersagli della follia nazista anche le donne rom e le donne disabili.
Le donne complici del Nazismo
Vittime, ma anche attrici protagoniste, in negativo e in positivo. Da una parte le donne oggetto della persecuzione, dall’altra le donne che fiancheggiavano i persecutori, le donne del nazismo, le amiche, le amanti e le sostenitrici pronte a tutto pur di sostenere le atrocità e le barbarie del regime nazista.
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Le eroine dell’Olocausto
Da un’altra parte ancora, però, anche le donne della resistenza, le protagoniste della liberazione, da quelle che portavano cibo e informazioni di nascosto nei ghetti a quelle che creavano gruppi di mutuo soccorso nei campi di concentramento fino a quelle che imbracciavano fucili e combattevano al fianco degli uomini. Tra le eroine di una delle pagine più orribili e terribili della Storia dell’umanità spicca sicuramente Irena Sendler. E’ stata un’infermiera e assistente sociale polacca, che collaborò con la Resistenza nella Polonia occupata durante la Seconda guerra mondiale. Grazie all’aiuto di coraggiosi collaboratori, Irena Sendler salvò 2.500 bambini ebrei dal ghetto di Varsavia mediante trucchi incredibili e infallibili. E’ morta all’età di 98 anni nel 2008. La sua bellissima e meravigliosa storia è diventata un film per la tv dal titolo Il coraggio di Irena Sendler (The Courageous Heart of Irena Sendler) diretto da John Kent Harrison con protagonisti Anna Paquin, Marcia Gay Harden e Goran Visnjic.
Il film Anita B.
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Il film di Roberto Faenza dal titolo Anita B. racconta la storia commuovente ed emozionante di una giovanissima Anita, una sedicenne ungherese scampata all’orrore del campo di concentramento, che però ad Auschwitz ha visto morire i genitori. Una pellicola tratta dal romanzo di Edith Bruck “Quanta stella nel cielo”, che sembra sospesa tra l’importanza della memoria e la voglia di dimenticare, l’esigenza di tenere vivo il ricordo e la necessità di guardare al futuro con occhi e speranze nuove.
Le testimonianze, le esperienze al femminile
Haika Grosman è stata una delle donne leader delle organizzazioni di resistenza nei campi di concentramento. Ella Gartner, Regina Safir, Estera Wajsblum, Roza Robota ad Auschwitz, riuscirono, grazie al lavoro nel reparto di lavorazione del metallo, a fornire la polvere da sparo con la quale l’Unità Speciale Ebraica, durante la rivolta dell’ottobre 1944, fece saltare in aria una camera a gas, uccidendo molte guardie naziste. Lidia Beccaria Rolfi è una sopravvissuta italiana che ha visto da vicino tutti gli orrori dell’Olocausto e che ha pagato a caro prezzo la sua opposizione al regime. Staffetta partigiana dal 1943 con il nome di battaglia di “maestrina Rossana”, fu arrestata dai nazisti e poi deportata a Ravensbrück, campo di concentramento dove morirono circa novantaduemila donne. Janina Bauman, scrittrice scomparsa pochi anni fa all’età di 83 anni, è una delle sopravvissute al ghetto di Varsavia, dove è stata reclusa dal novembre 1940 al gennaio 1943 con la madre e alla sorella, dopo aver già perso il padre, ufficiale medico dell’Esercito polacco, scomparso nell’eccidio russo di Katyn della primavera del 1940.