Potrà pur presentarsi impeccabile in un primo momento, eppure dietro a questo sipario si celano spesso tratti narcisistici ed atteggiamenti passivo-aggressivi: ecco chi è il manipolatore e come disinnescare la manipolazione affettiva.
Nell’ambito delle relazioni sentimentali non è affatto raro, specie negli ultimi anni, imbattersi in terminologie – più spesso di quanto si pensi utilizzate in modo del tutto errato ed inopportuno – quali narcisismo e manipolazione affettiva. Ma di cosa stiamo parlando davvero? È innegabile come attorno a questi concetti orbiti un certo alone di mistero, nonché altrettanta disinformazione.
Sebbene si tenda a ricorrere a questi un po’ troppo facilmente, è bene ricordare come si tratti di fenomeni molto più diffusi di quanto non si tenda a pensare: coloro i quali si ritrovano invischiati in una relazione malsana difficilmente ne hanno piena coscienza, eppure ritrovarsi a stretto contatto per lungo tempo con determinati soggetti porta inevitabilmente a conseguenze importanti a carico della salute mentale di chi subisce la violenza psicologica. Perché sì, è esattamente di questo che si tratta, ed è anche il motivo per cui sarebbe importante fare chiarezza in merito a certe delicate questioni.
Prima di tutto sarebbe bene specificare come dietro alla figura del manipolatore affettivo possa nascondersi non necessariamente un partner, bensì anche un amico oppure un familiare. Qualcuno, dunque, in grado di esercitare un certo ascendente sulla vittima e che abbia con essa un legame più o meno profondo: si tratta di una persona dai forti tratti narcisistici (da qui la correlazione tra narcisismo patologico e manipolazione affettiva) che, al fine di mantenere alta la propria autostima e proteggere il proprio senso di sé, fa leva sulle emozioni dell’altro per il puro e semplice scopo di averne il pieno controllo.
Tale forma di violenza psicologica, infatti si caratterizzata per un uso strumentale delle suddette emozioni per influenzare in tutto e per tutto il comportamento – come anche il sentire – di un’altra persona. Colui che mette in atto la manipolazione affettiva tende infatti a sperimentare un’autentica mania del controllo tanto che, in primo luogo, tenta di controllare se stesso chiudendo la porta ai sentimenti allo scopo di non sentirsi in balìa dell’altro: egli è del tutto incapace di instaurare una relazione sana, equilibrata e soprattutto reciproca. Proprio per questo, la vittima ideale risiede in un partner sottomesso e fortemente insicuro, terreno fertile per instaurare un rapporto di dipendenza affettiva.
Una doverosa precisazione da fare, però, è quella che non necessariamente la figura del manipolatore debba corrispondere a quella del narcisista, né tantomeno si debba associare con facilità determinati atteggiamenti ad un quadro patologico: in alcuni casi sarebbe meglio parlare di dinamiche (sicuramente poco sane) saltuarie, spesso dettate da piena inconsapevolezza. Dal momento in cui queste modalità comportamentali, reiterate nel tempo, possono rivelarsi estremamente dannose per la salute mentale di chi le subisce, con forti ripercussioni anche su autostima e serenità personale, è importante capire davvero di cosa stiamo parlando. Individuare e riconoscere la manipolazione affettiva è pertanto la difesa più grande di cui si può disporre.
Come agisce il manipolatore affettivo
Talvolta è addirittura possibile riscontrare una manipolazione affettiva patologica in soggetti remissivi che, servendosi delle proprie debolezze e fragilità, mettono in atto tutta una serie di atteggiamenti innescando un meccanismo basato sul senso di colpa. I fini ultimi del manipolatore sono infatti potere e controllo, ritenuti gli unici mezzi efficaci a proteggere l’individuo dal sentirsi vulnerabile. In questo modo il partner diventa un oggetto da possedere e, di conseguenza, distruggere. Segretamente mosso da inconscia invidia il carnefice mette infatti a fuoco in chi ha di fronte tutte quelle caratteristiche che vorrebbe per sé e opera strategicamente fino a demolirle, in modo che queste non possano più costituire una minaccia per la propria autostima. Ma quali sono le avvisaglie?
Si sappia che la vittima ideale è quella che per carattere tende a voler salvare la persona amata da sé stessa, spesso percepita come vulnerabile: il manipolatore affettivo potrà così fare appello alla compassione ed al vittimismo, mostrandosi bisognoso. In che modo? Addossando all’altro colpe inesistenti, servendosi del meccanismo della proiezione (mediante il quale chi manipola annienta i propri difetti attribuendoli agli altri) in modo da deresponsabilizzarsi, mettendo in atto il gaslighting oppure ancora semplicemente ricorrendo a ricatti, bugie, omissioni e false promesse.
In una relazione sentimentale il manipolatore affettivo risulta spesso poco empatico, freddo ed incapace di provare affetto, lo stesso finto ed ostentato nelle fasi iniziali di questa, negando la propria presenza o la propria parola per lungo tempo in modo tale da destabilizzare il partner perché si senta in colpa, confuso e frustrato: egli è infatti spiccatamente abile nell’adattarsi alle aspettative dell’altro per infondergli fiducia, mostrandosi solo in un secondo momento cinico e calcolatore allo scopo di raggiungere i propri obiettivi.
Una volta stilato un quadro più o meno chiaro a proposito della manipolazione affettiva e come riconoscerla, vediamo ora come disinnescarla e proteggersi da essa. Liberarsi di un rapporto di questo tipo risulta essere invero un’ardua impresa, ma un passo doveroso per la propria salute e, per questo, non può essere in alcun modo considerato impossibile.
Il primo passo è prendere atto della situazione e smettere di accontentarsi delle briciole, smettendo di rincorrere la costante approvazione del partner intraprendendo un percorso che possa mirare a ricostruire la propria autostima.
L’unico modo efficace a risolvere le cose dovrebbe essere allontanarsi tempestivamente, a gran poco servirà tentare di far valere le proprie ragioni ed offrire la propria prospettiva: per cambiare davvero, il manipolatore affettivo ha bisogno in prima persona di intraprendere un percorso psicologico intensivo che possa aiutarlo a lavorare su di sé, affidandosi ad un professionista. Di fondamentale importanza dovrà essere sviluppare consapevolezza ed assertività. In un rapporto di coppia è infatti essenziale imparare a far valere i propri diritti e stabilire sani confini rispetto ciò che si desidera e ciò che non si è disposti a vivere.
La chiave per uscirne dovrebbe essere quella di iniziare a prendersi cura di sé e dei propri bisogni, magari intraprendendo un percorso di terapia che possa aiutare a disinnescare determinati meccanismi dannosi. Un aiuto professionale ed esterno sarà anche utile ad individuare i motivi per i quali ci si è avvicinati a quella determinata persona, senza accorgersi della gravità della situazione e dei potenziali rischi. Un maggior peso, quello primario, sarà quello da riservare alle proprie emozioni, alle proprie idee ed ai propri valori, contribuendo in questo modo a sopperire al costante bisogno di accondiscendere, così come alla paura di non piacere.