La notizia arriva da Treviso, dove il tribunale ha condannato un uomo al pagamento di 10.000 euro per risarcire l’ex moglie per i danni morali subiti in seguito al tradimento.
Questa sentenza di certo è molto interessante e crea un precedente a cui in futuro sarà possibile fare riferimento per risolvere dei casi simili. Ma cosa è successo nel dettaglio?
Ripercorriamo la storia che ha portato a questa decisione da parte dei giudici.
Perché i giudici hanno condannato il marito infedele al risarcimento di 10.000 euro
Prima di procedere nel vedere nel dettaglio questa storia va fatta una prima puntualizzazione. Chi ha contratto un matrimonio, superstizioni a parte, in base all’art. 143 del Codice civile è obbligato anche alla fedeltà, tra gli altri doveri che spettano ai coniugi (coabitazione, assistenza morale e materiale, collaborazione nell’interesse della famiglia).

Se uno dei coniugi tradisce, quindi, commette un vero e proprio reato davanti alla legge e può essere condannato a pagare le spese di separazione, se la parte tradita ne fa richiesta e il giudice accerta che il tradimento c’è stato ed è stato la causa della crisi della coppia.
La condanna in genere finisce qui, certo, il coniuge fedifrago non può eventualmente chiedere l’assegno di mantenimento all’ex né accedere all’eredità. Ma la legge non prevede un risarcimento del danno.
Tuttavia, già con la sentenza n. 18853/2011, la Prima Sezione Civile della Suprema Corte aveva precisato che il tradimento può essere punito non solo con l’addebito ma anche con il risarcimento del danno, se ci sono le condizioni.
Tra i danni risarcibili ci sono quelli che ledono un diritto costituzionale, come un danno alla salute o alla dignità della persona. Ed ecco che la vicenda di Treviso si inserisce in questa specie di tradimento disonorevole, che ha causato un danno alla reputazione della moglie tradita.
E dire che papa Francesco di recente ha scritto a una moglie tradita. Ma cosa è successo? I due erano titolari di una scuola di ballo, lei scoprì l’infedeltà di lui con una ballerina. Colleghi, allievi e collaboratori si erano accorti della situazione ben prima, per cui la donna era diventata oggetto di scherno e maldicenze. Il disagio di dover far fronte alle chiacchiere sul luogo di lavoro le aveva cagionato anche problemi di salute.
La sentenza è stata emessa in un procedimento civile a parte rispetto alla causa di separazione. Il marito infedele è dunque stato condannato a risarcire l’ex moglie con 10.000 euro per l’umiliazione pubblica subita e per aver visto lesi i suoi diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. Tra cui, oltre al benessere psicologico, la dignità personale e professionale, l’immagine e l’onorabilità.